E' proprio
vivendo la mia vita, e svolgendo passo dopo passo, giorno dopo giorno
la mia professione, che mi sono accorto dell'esistenza di una delle radici
più malate che controllano le nevrosi dell'uomo: la dipendenza,
quella tanto utile per il bambino, che lo aiuta già nei suoi primi
mesi di vita a capire i suoi contorni, dandogli pian piano una più
definita visione del proprio Io, che lo aiuta a sostenersi quando da solo
non ce la potrebbe mai fare, e a concepire il suo mondo affettivo, fulcro
della sua vita, della nostra esistenza. Ma col passare del tempo, nonostante
l'arrivo dell'adolescenza - quel periodo difficile, a volte anche molto
traumatico per la persona che lo vive e che può addirittura subirlo,
ma comunque indispensabile per proiettarsi con forza e rabbia in avanti
- troppo spesso il ragazzo rimane incastrato in meccanismi di fuga che,
nonostante pensi siano vantaggiosi, formano dentro di lui illusioni e
fantasie anche molto distanti dalla dimensione reale, come falsi modelli
di evasione e libertà privi di individualità, dentro i quali
l'identità diventa molte volte un punto di domanda. Non c'è
dubbio comunque che gli adolescenti (in particolare le ragazze) posseggano
una grande interiorità, che però purtroppo non di rado rimane
frustrata, dato che se i nostri giovani non trovano interlocutori giusti
si chiudono in sé stessi diventando aggressivi: nella nostra società
non si fanno sforzi per trovare codici che rappresentino il loro mondo,
e quando essi adottano dei comportamenti preoccupanti ci stanno lanciando
dei segnali, ma purtroppo le nostre risposte sono inadeguate, e il modello
familiare non funziona più; al giorno d'oggi gli adolescenti vivono
sulla base del consumismo, e il contatto con l'adulto è veicolato
dalla modalità con cui quest'ultimo riesce a rispondere ai loro
bisogni. Le figure genitoriali potrebbero diventare fondamentali per sostenere
questo passaggio difficile, ma non è un caso se il più delle
volte, impaurite dalla ribellione dei propri figli, siano pronte a sollecitare
un comportamento che è esattamente quello dal quale il ragazzo
scappa senza farcela, in quanto si sente impreparato a cambiare; allora
il distacco diventa solo una mera illusione, quindi una falsa meta da
raggiungere. Crescere in una situazione come questa? Sembra davvero un'impresa
difficilissima!
A proposito di fantasia, quella che non porta a conseguenze positive,
rammento quella ragazza che piangendo mi diceva: "Ti assicuro, mi
dispiace proprio tanto dirtelo, ammetterlo qui, adesso, ma sapessi quante
volte vorrei colpire mia madre con forza ed aggressività";
la stessa ragazza che, per molto tempo, prima di venire da me mi chiedeva
se poteva andare al bagno per bere, ma in effetti quello spazio le serviva
solo per rigettare.
Io ho faticato molto per arrivare a costruire la mia professione, e uno
dei passaggi fondamentali è stato l'aiuto di un lungo percorso
psicanalitico di nuova concezione ma assolutamente analitico, fondamentale
se si vuol interpretare e di conseguenza capire a fondo la realtà.
Ma nel mio cammino vorrei mettere al primo posto il lavoro che ho vissuto
sulla strada, che non so quante volte all'inizio della mia professione
diventava quello di un volontario, o forse di un assistente sociale, non
so bene, quello che magari per 30000 lire mi faceva vivere per intere
giornate a casa di un ragazzo, che dopo gli arresti domiciliari per motivi
di droga non voleva più uscire, per paura di non essere più
capace di vivere fuori; insomma questo mio lavoro doveva all'epoca prendere
delle sembianze più chiare, più nitide: da qui la necessità
di impegnarmi a fondo con me stesso per diventare davvero psicologo e
in seguito psicoterapeuta, ma senza mai scordare la strada, i treni che
portano lontano, quei dieci treni al giorno che dovevo veder passare veloci
sotto un ponte insieme a mia nonna all'età di quattro anni. Il
mestiere di psicoterapeuta è bellissimo quando lo si sa affrontare
davvero, perché non solo risolve psicopatologie, ma per esempio
insegna a vivere un rapporto emotivamente valido, ricco di fiducia e rispetto;
per quanta gente questa dimensione è solo un'inutile esperienza
formale e stereotipata e quindi piena di limiti, della quale di conseguenza
non si riescono a vedere i veri significati, tanto che quando se ne ha
bisogno si
preferisce non accostarsi ad essa! E allora ecco lo "PSICOLOGO
DELLA STRADA" che, come d'incanto, rispolvera la sua fantasia
positiva: esiste una fantasia che prende una forma distruttiva, che dai
vantaggi secondari che ne derivano può anche diventare delirio,
ma per fortuna esiste anche l'altra, quella costruttiva, creativa, che
non va mai abbandonata perché può non soltanto farci capire
cos'è una pausa, un tempo tutto per noi, ma può anche alimentare
la nostra preparazione professionale, riqualificarla, non farcela mai
venire a noia, permetterci di concepirla non solo come un lavoro ma anche
come un'attività ludica, insomma come un gioco, basta ricordare
Winnicott e la sua teoria relativa alla crescita
della personalità che deve tenere conto a fondo della creatività.
Ed è stata proprio questa fantasia positiva a spingermi ad imbracciare
la mia chitarra - la musica è una passione che mi accompagna da
più di trent'anni, e che non ho mai abbandonato - e a intraprendere
il cammino dello "Psicologo della strada": non a caso un mio
caro amico è il chitarrista e cantautore ALEX
BRITTI, mio vecchio maestro di chitarra, che appoggia e segue attentamente
tutte le mie iniziative, e che mi ha regalato una bellissima chitarra
Gibson che suono in occasione delle mie esibizioni musicali, durante le
quali sono accompagnato dal gruppo degli PSYCHO,
formato da attenti e sensibili professionisti. Gli Psycho sono quattro,
ma due sono gli elementi principali, l'uno quasi laureato in scienze della
formazione (e non mi sembra che questo si sposi male col progetto) e chitarrista
bravissimo, l'altro quasi diplomato al Conservatorio in percussioni, pilota
di aerei superleggeri e genio del nostro sito, che ha costruito e che
aggiorna e controlla continuamente, un sito colorato di mille colori perché
pieno di vita; insieme con loro compongo le musiche delle canzoni dei
cui testi sono autore, canzoni che saranno raccolte in un cd intitolato
"LE VERITA' DELLA FANTASIA", che uscirà nel
marzo del 2005 e sarà corredato da un libretto in cui i singoli
testi saranno analizzati e spiegati (cosa che non succede di solito),
e che conterrà attente riflessioni ricche di contenuti psicologici;
la presentazione dell'album si terrà molto probabilmente in un
teatro dell'Umbria. Loro due rappresentano una parte brillante della mia
anima, e fra di noi esiste un rapporto basato sull'individualità:
infatti ci incontriamo solo per i due importanti progetti ideati da me,
che mi aiutano ad uscire dallo studio per poi rientrarci sempre con maggiore
forza, "UNA SCUOLA PER AMARE" e "UNA
PIAZZA PER AMARE". Non bisogna poi dimenticare il mio
instancabile collaboratore, che da tre anni ormai lavora duramente per
sensibilizzare le istituzioni scolastiche e le Amministrazioni cui proponiamo
le mie iniziative, nonché i mass media cui chiediamo di dare risonanza
a questi progetti.
E' proprio partendo da questa componente musicale che ho deciso di girare
l'Italia in lungo e in largo per far conoscere la psicologia, quella dei
sentimenti, che può costruire l'amore senza quella sofferenza che
fa morire dentro e non solo. Tutto questo tento di riassumerlo in tre
temi, il DISTACCO, il CAMBIAMENTO e la CRESCITA,
perché sono convinto che dentro di essi può viaggiare tutta
l'espressione più moderna del nostro vivere, a partire dalla psicologia
dei fanciulli e dei ragazzi nelle scuole, importante ambito nel quale
ho deciso di lavorare con "Una scuola per amare", fino ad arrivare
alla gente comune nelle piazze e nelle strade con "Una piazza per
amare": il distacco emotivo secondo me può portare ad un cambiamento,
quindi ad una capacità di porsi in modo creativo di fronte alla
realtà riuscendo ad adattarsi sempre, adoperando al massimo le
proprie potenzialità utili per proiettarsi in avanti verso una
crescita, senza rischiare di rimanere chiusi e fermi dentro schemi lontani
da operazioni dinamiche necessarie per costruire senza distruggere, per
raggiungere mete e obiettivi che possano rappresentare veramente la soddisfazione
dei nostri desideri reali e non nevrotici.
In "Una scuola per amare" lo scopo del mio lavoro che investe
le scuole elementari, medie inferiori e superiori e gli studenti delle
università è far conoscere la psicologia ai ragazzi, che
molto spesso non sanno neanche chi sia davvero lo psicologo e cosa faccia,
far capire quindi l'importanza di questa scienza e di questa figura professionale,
portare a scuola lo stimolo giusto per abbattere le barriere di incomunicabilità
tra insegnante e alunno, affinché si venga a creare quel rapporto
empatico di cui parlava in campo psicoterapico Carl
Rogers, riferendosi al rapporto fra terapeuta e paziente, concetto
che è stato poi ripreso dalle branche più all'avanguardia
della scienza pedagogica: perciò fare opera di prevenzione per
mezzo di un'informazione giusta, ma stando attenti a non far vivere allo
studente la presenza dello psicologo attraverso una lezione svolta in
modo cattedratico, perché ciò può spaventare o alimentare
vecchi preconcetti, e non a caso mi servo di un metodo comunicativo alternativo
basato su un tipo di linguaggio che, se vuole sul serio far prevenzione,
deve interagire veramente con l'emotività del giovane, e questo
è l'unico modo per lasciare dentro di lui una traccia duratura;
da qui l'utilizzo della musica, veicolo di grande efficacia che permette
alle idee - base dell'iniziativa di arrivare facilmente agli studenti,
e di essere assimilate in modo altrettanto facile (non a caso infatti
la maggior parte dei ragazzi trova l'espressione musicale estremamente
stimolante). In tutto ciò mi richiamo un po' alla psicologia dell'educazione,
nata ai primi del '900, e più in generale ai contributi di quegli
psicologi (come Vygotskij e Piaget)
grazie ai quali si sono diffuse nuove istanze e teorie sullo sviluppo
del soggetto, e quindi sul sistema di apprendimento: con il loro contributo
si è superata l'equazione cognitivista (uomo = elaboratore di informazioni)
e si è iniziato a dare importanza al contesto in cui avviene l'apprendimento
e, soprattutto, al rapporto che il ragazzo instaura con l'insegnante;
finalmente è stato compreso che valutare i risultati del soggetto
solo sulla base degli esiti scolastici non può essere la strada
giusta. Lo studente è sottoposto ad una serie di pressioni che
ne determinano lo sviluppo e lo stesso andamento scolastico, quindi un
deficit in qualsiasi materia può non essere necessariamente legato
a difficoltà nell'apprendimento, ma magari a problemi relazionali.
E' stato ampiamente dimostrato come un buon rapporto insegnante - alunno
sia uno dei maggiori fattori di prevenzione del rischio del fallimento
scolastico; dunque, appare chiaro che l'educatore non può più
limitarsi all'aspetto cognitivo/disciplinare del giovane, ma deve tener
conto di diversi fattori d'influenza, nonché dell'emotività
della persona stessa. Il mio progetto vuole per l'appunto valorizzare
questi aspetti, che ancora oggi purtroppo sono spesso trascurati: parlare
di distacco, cambiamento e crescita vuol dire toccare tutti quei fattori
che incidono profondamente sulla formazione della personalità del
ragazzo, e quindi sui suoi risultati scolastici.
Oltre all'impegno nelle scuole, ho deciso di portare i contenuti positivi
di questa mia esperienza anche nelle piazze e nelle strade, luoghi dove
le persone passano, si incontrano, trascorrono gran
parte della loro vita: con "Una piazza per amare" la piazza
non è solo un luogo per fare musica e spettacolo, ma diventa cassa
di risonanza per uno stimolo pronto ad interrompere i silenzi, le
ricerche inutili della gente che si trascina pensando di trarre vantaggio
dal suo girovagare: noccioline americane e zucchero filato non bastano
davvero a dare significato ad una festa che a
volte può durare giorni, costare in modo esagerato e non lasciare
nulla dentro le persone, che annoiate e tristi ritornano nella propria
casa senza capire dov'è davvero la gioia di vivere, la felicità
di essere, la nostra capacità di scegliere per poi distinguerci
sempre dall'altro per avere la sicurezza di essere uno soltanto, perché
libero di essere se stesso.
Con le mie iniziative preferisco muovermi nella grande provincia italiana
che, generalmente e colpevolmente trascurata va secondo me rivalutata,
perché i tanti microcosmi che la compongono sono molecole vitali
di un organismo più grande, luoghi a misura d'uomo più recettivi
delle grandi città, nei quali è più facile avvicinare
la gente che mostra di avere delle difficoltà. Ciò non vuol
dire però che nel mio girovagare ignori le grandi realtà,
bensì i paesi e le piccole scuole sono le indispensabili tappe
di un processo di evoluzione, che consentirà ai miei progetti di
arrivare nel migliore dei modi alle metropoli e alle grandi istituzioni:
proprio per la scelta di lavorare nei paesi, e perché sono convinto
che le mie iniziative siano fonte di risultati estremamente positivi per
i centri che ci ospitano, ho deciso di chiamare il complesso delle mie
attività "IL PAESE DELLE MERAVIGLIE".
Stefano Pieri,
psicoterapeuta
psicologodellastrada@libero.it
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